
martedì 27-07-2010 |
1° giorno | Da Huntto a Roncisvalle |
--- | distanza km | ascesa metri | tempo pedalata | velocità media | difficoltà |
tappa | 25,4 | 1.178 | 03:35 | 8,07 | 4 su 5 |
progressivo | 25,4 | 1.178 | 03:35 | 8,07 | --- |
Note | Partenza da Huntto poiché a Saint-Jean-Pied-de-Port non c'è alloggio per la notte. L'ideale sarebbe arrivare in mattinata, prendere alloggio e visitare la cittadella antica (io l'ho fatto al ritorno), per poi partire l'indomani mattina di buon'ora. Si può arrivare anche a Larrasoaña o a Pamplona, ma è molto meglio andare piano e godersi l'ambiente. |
i profili altimetrici sono invece orientati con la percorrenza da dx a sx per meglio rappresentare il tragitto che si svolge appunto da Est a Ovest.
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¡Buenos dias! ... y ... ¡Buen Camino! |
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Primo giorno. Oggi, verso le 8 di mattina, montando in sella, auguro e mi viene augurato il mio primo (di innumerevoli) «Buen Camino!».
Sveglia alle 6:30. Pulizia personale, rifare lo zaino, colazione e pagamento. Nell'ansia e nella concitazione della partenza, mi dimentico di fare apporre sulla Credential il primo sello, quello della località di inizio Cammino, che infatti sul mio "documento" risulta per ora essere Roncisvalle. Quando ritirerò la vettura, al ritorno, la signora hospitalera ufficializzerà comunque la prima pagina con il sello di Huntto.
Montiamo le bici (ancora smontate nei bagagliai delle vetture), carichiamo il bagaglio e si parte. Non prima di essermi accertato di avere le attrezzature di emergenza e di aver azzerato il navigatore GPS (Garmin Edge 705) acquistato solo pochi giorni prima della partenza. Per gli interessati, ne parlerò più avanti in una pagina informativa.
Per la verità solo io carico il bagaglio, perché degli altri tre, uno carica gli zaini nella loro macchina e si avvia; i compagni fanno la tappa (come tanti altri nei giorni successivi) senza bagaglio. La morale è che con i miei 12 chili abbondanti di zavorra perdo rapidamente il contatto con gli spagnoli che fra l'altro hanno già dichiarato di voler fare il Camino in 9 giorni.
Io non ho fretta; ho previsto 12 giorni di pedalata che in caso di imprevisto posso estendere fino a 14.
L'emozione è alle stelle, tanto che non ho fatto neanche una foto della casa in cui ho dormito. Questa foto infatti l'ho dovuta recuperare per completezza di cronaca da Google StreetView. Tutte le altre foto del Blog, salvo diversamente indicate, sono quelle scattate da me.
¡ BUEN CAMINO !
Alla partenza e per circa 10 chilometri (di cui i primi 3 durissimi e con molte soste a causa dei muscoli freddi), la strada è asfaltata, per modo di dire: le intemperie col tempo hanno reso il fondo molto ruvido ma comunque non ci sono fossi o asperità e tutto procede bene per un paio d'ore, oltre il rifugio di Orisson più o meno in costante salita a una media del 6% fino all'inizio del sentiero campestre.
Lì, in prossimità della Cruz de Thibault, sulla destra a pochi metri dalla strada asfaltata che prosegue diritta, c'è un cartello che indica il sentiero per il Collado de Lepoeder e l'Alto de Ibañeta, e accanto, un altro che sullo stesso sentiero indica Roncevaux - Orreaga.
In questa zona d'influenza liguistica basca, molte indicazione sono formulate in doppia lingua, o con i nomi di località "ufficiali" (guai a chiamarli così) e quelli in ligua basca (euskara).
Con quella poca visibilità consentita dalla nebbia insistente nonostante il forte vento, scruto rapidamente il sentiero, o meglio quella pietraia in salita che segna l'attacco della scalata per il Collado de Bentarte, breve e ripidissimo, e mi rassicuro, perché tanto è per i camminanti, non per me che pensavo di arrivare a Roncisvalle su asfalto. Per cui faccio pochi minuti di sosta, scambio quattro chiacchiere con due anziane ma arzille pellegrine francesi e una italiana, faccio qualche foto e proseguo per la strada asfaltata che ora è quasi pianeggiante, anche se il Garmin mi avvisa subito che sto andando fuori percorso.
Naturalmente con la mia caparbia presunzione penso che l'apparecchio stia dando i numeri e che io abbia ragione.
Dopo poco più di 2 chilometri col navigatore che insiste nella segnalazione dicendomi adesso di tornare indietro, assalito da dubbi crescenti, e in vista di una ripida discesa che in caso di errore vorrei evitare di ripercorrere a ritroso, approfitto di un'auto di passaggio e nel mio francese stentato chiedo informazioni al conducente.
La risposta è laconica quanto sconfortante sul tenore di: «torna indietro fino alla croce e al cartello Roncisvalle, e prendi il sentiero!».
Mi adeguo e cinquanta metri dopo la croce, il fondo del sentiero diventa impraticabile in sella, per l'eccessiva pendenza unita alla viscidità del terreno, alle grosse pietre affioranti, e ai sassi cedevoli. Scendo dalla sella e inizio il mio primo tratto a spinta. Un dislivello di una trentina di metri in poco più di cento di tragitto, mi porta a una stele poetica presso la frontiera.
Quando in discesa sorpassi i pellegrini camminanti, quelli ti guardano con uno sguardo di fastidio del tipo: «...facile così, e tra l'altro stai invadendo il nostro cammino...» In realtà in salita le cose cambiano perché quando sei costretto a scendere di sella e spingere la bici vai quasi alla stessa velocità dei camminanti; quasi, perché oltre al peso del bagaglio hai anche la zavorra in più della bici, più l'ingombro. E allora gli sguardi dei camminanti diventano di commiserazione del tipo: «Bella la discesa, vero? E della salita cosa ne pensi?»
Comunque fin quasi alle dieci e mezza la fatica per le gambe non è ricambiata dalle meraviglie per gli occhi perché la nebbia è veramente fitta.
Se la visione non è delle migliori, col silenzio che mi circonda il profumo del bosco sembra ancora più forte. Se per un momento chiudo gli occhi, la sensazione è quella di immersione completa in un mare di profumi.
Il fondo del sentiero varia continuamente, dallo sterrato, al fango, alle pietre, all'erba. Di sicuro non c'è da annoiarsi.
Dopo circa 1 km di duro sentiero incontro due pellegrini toscani, marito e moglie sulla cinquantina, simpaticissimi e gioviali, e visto che il fondo si è trasformato in una specie di pantano in salita di fango pastoso di ardesia macinata, scendo di nuovo di sella e spingo facendo con loro altri 500 metri, accompagnati da piacevole conversazione e qualche foto.
Poi ci salutiamo e vado avanti fino alla stele di Rolando che indica «Santiago de Compostela: 765 km».
Ci ritroviamo più in là, davanti a una fonte (la Fonte di Rolando), e ci diamo scherzosamente appuntamento in vetta davanti a un immaginario lauto pasto alla sarda che dovrei tenergli in caldo, sapendo bene che con le differenze di velocità in gioco, da quel momento ci perderemo di vista. Li ricordo comunque con tanto piacere.
Collado de Lepoeder, il valico, 1435 metri di altitudine.
Non credo ai miei occhi per il panorama circostante, e non credo alle mie gambe per aver superato quello che da tutti è consierato l'ostacolo più duro di tutto il Camino.
Penso che in assoluto sia così, ma (probabilmente perché sono al primo giorno e le gambe sono ancora fresche), ho superato senza sforzi sovrumani brevi strappi con pendenze del 18% fra le rocce senza scendere dalla sella. Verso gli ultimi giorni, senza più forze nelle gambe, scenderò di sella frequentemente per affrontare molto più banali subidas del 7% anche su fondi agevoli.
Mi fermo per una mezz'oretta a godermi questo posto incantevole, il silenzio e l'aria leggera e immacolata, e con la nebbia che gradualmente si dirada, il paesaggio sempre più mozzafiato.
L'aver percorso il vero sentiero e non l'asfalto, mi ha caricato emotivamente e da quel momento decido che dove possibile eviterò il nastro di catrame, nero e senza emozioni.
Lì in alto, penso alla carretera che molto prima avevo imboccato per sbaglio e che fortunatamente non ho proseguito; sia perché solo dopo ho scoperto che non portava affatto in Spagna ma restava in territorio francese, sia perché, soprattutto, se anche fosse stata la via giusta, la avrei percorsa noiosamente da solo senza godere degli incontri e di tutte le meraviglie del sentiero in mezzo al bosco, il profumo dell'erba, il crepitio dei rami secchi sotto le ruote, l'odore pungente delle foglie marce e dei funghi, e quegli sporadici raggi di sole che nel fitto del bosco s’insinuano fra la nebbia e i rami degli alberi disegnando al mio fianco linee divergenti che inizio a vedere come conchiglie stilizzate.
Purtroppo nelle foto non si possono vedere i raggi di sole che filtrano fra i rami e disegnano immaginarie conchiglie.
E non si possono neanche sentire i profumi della vegetazione e dei funghi e di tutto ciò che fa estraniare dal resto del mondo.
Le stesse Conchas che alternate alle Flechas amarillas accompagnano noi pellegrini fino alla meta indicando sempre il percorso sicuro.
Da questo momento il progetto iniziale del “tutto su asfalto” è definitivamente abbandonato. Dovunque potrò sarà sentiero.
E nonostante alla fine del viaggio abbia fatto circa metà sentiero e metà carretera, ripenso con un po' di rimpianto a quante altre emozioni avrei potuto vivere percorrendo ancor più strada sul vero Camino.
Solo adesso mi dico che questa è stata la prima volta, e che se avrò nuove occasioni sarà diverso perché mi prenderò tutto il tempo necessario per viaggiare senza l'ansia della scadenza.
Dopo tutti questi pensieri che mi hanno permeato anche durante quella breve sosta in vetta, scartata la via del sentiero in discesa per Roncisvalle perché a giudizio di tutti troppo pericoloso per i ciclisti, mi avvio lentamente sulla stretta stradina che scende a valle, spesso intersecando il ripidissimo sentiero fatto di grossi sassi e gradoni, e invaso da tronchi di alberi caduti, piccole frane e cumuli di foglie scivolose.
Sul punto di scollinamento si scorge la Iglesia de San Salvador dal caratteristico tetto svettante.
Sulla destra della foto si intravede la fine della salita percorsa dai pellegrini che preferiscono la "via bassa", tutta su asfalto e da percorrere in inverno o con maltempo, che passa per i paesini di confine Arneguy e Valcarlos.
A sinistra si scende per Roncisvalle.
Passato l’Alto de Ibañeta a 1057 mt con la moderna chiesetta dal tetto svettante, ma anche con altri simboli carichi di storia, dopo meno di 2km Roncisvalle appare all'improvviso con i suoi ripidissimi tetti neri degli edifici ristrutturati. Le costruzioni storiche, anche se restaurate, conservano invece gli antichi tetti in lastre litiche.
Ormai poche pedalate in relax mi separano dalla meta. Si, ma solo quella di oggi! Domani e i giorni a venire mi aspetta altro! Ma ora che il confine è passato si guarda solo avanti con fiducia.
Poche curve ed entro nella storica e medievale Real Colegiata de Roncesvalles, teatro delle vicende di Carlomagno.
Dopo la faticata di oggi, la vista di questo cartello è sconforto allo stato puro, ma tra qualche giorno, in prossimità della meta, e della fine di questo sogno, la rimpiangerò.
Me l'aspettavo più grande e più popolosa; invece senza neanche accorgermi, altre tre curve e sono fuori dal borgo di 29 abitanti dove un moderno cartello stradale, in contrasto con la stele incontrata sul versante in salita (765km), indica «Santiago de Compostela: Km 790>». Di certo la discrepanza riguarda il tragitto su strada rispetto al Camino originale su sentiero.
Torno in centro e mi reco alla Oficina de Peregrinos per apporre il primo sello e lì mi viene anche assegnato un posto per la notte. Non è presso lo storico rifugio che ospita i pellegrini a piedi, ma in un campo attrezzato con alcuni container da otto posti ognuno, più due per i bagni e un altro container per le bici che verrà chiuso durante la notte.
Lascio la bici, faccio la doccia e il bucato, e torno "in centro" per ammirare le vestigia dei tempi di Carlo Magno contro i Saraceni durante la battaglia di Rocisvalle dell'anno 778, e le chiese, cappelle, antichi Hospitales, e tutto ciò che c'è di imperdibile e di così "denso" in un borgo così piccolo.
¡Ahora comemos!
Finito il giro turistico torno in centro per la cena alla locanda "Casa Sabina" in compagnia di una coppia di giovani americani e un giornalista inglese. Mastico pochissimo la loro lingua, ma per quel che conta ci si intende ugualmente.
In compenso mastico con gusto la grossa e freschissima trota di torrente che incredibilmente riesce quasi a saziarmi.
Dopo cena si va tutti in chiesa per l'indimenticabile ed emozionante cerimonia della benedizione dei pellegrini, che alcuni sacerdoti impartiscono in varie lingue.
Nel mio container conosco una ragazza francese che viaggia da sola e con la quale farò i primi chilometri della tappa successiva. Ritrovo anche i tre spagnoli di Huntto che scopro essere tre fratelli, Paco, Antonio(1) e Pepe e un altro Antonio(2) loro amico. Tutti e quattro forti roncadores.
La notte, baruffa condita con lancio di ciabatte fra Antonio1 “el bombero”, (il pompiere), in contrasto col suo mestiere di indole facilmente infiammabile, e un altro spagnolo che non ha sopportato le roncadas e al quale viene detto senza tanti complimenti che se vuole silenzio è meglio che vada a dormire in hotel in camera singola. Io con i miei tappi me la cavo bene.
A Domani.