3° - Zariquiegui -> Los Arcos

giovedì
29-07-2010
3° giorno Da Zariquiegui
a Los Arcos
--- distanza km ascesa metri tempo pedalata velocità media difficoltà
tappa 56,8 1.020 04:37 13,17 3 su 5
progressivo 143,1 3.306 13:46 11,18 ---
Note Punti degni di nota: per i ciclisti, tra Zariquiegui e l'Alto del Perdon c'è un tratto di sentiero inesistente (si attraversa un vasto campo di grano) prima di reimmettersi sul sentiero dei camminanti. La scalata non è stata pesantissima perché mi ero già portato a mezza costa (a Zariquigui) da ieri sera. Numerose variazioni sul tracciato dopo Puente la Reina.

¡Buenos dias!     ... y ...
¡Buen Camino!
Vista dell'Alto del Perdon con le sue enormi turbine eoliche. In realtà la foto non è di stamattina ma di ieri sera. Infatti in primo piano c'è Paco, e ai piedi dei rilievi si distingue il paesino di Zariquiegui dove ho pernottato.

Anche se sono già le 8 passate, fa un freddo cane; siamo a 600 metri ma il vento gelido che alimenta il parco eolico dell'Alto del Perdon si fa sentire già da qui sotto. Indosso la windstopper, tiro fuori la bici dalla lavanderia dove è stata ospitata per la notte e mi avvio; non prima di una buona colazione e di un pieno d'acqua alle borracce.

La flecha amarilla è la compagna onnipresente dei pellegrini. A tal punto che dopo meno di un chilometro, su un piccolo cippo ne trovo ben due! Una verso destra indica il percorso per i camminanti, e l'altra verso l'alto, la via suggerita per i bicigrinos.

Salendo verso l'Alto del Perdon. ¡Dos! Flechas Amarillas...

Ovviamente seguo l'indicazione per i ciclisti, confortato anche dalla tacita approvazione del Garmin. Ma più avanzo e più sono perplesso; e preoccupato. Infatti vedo poco lontano la pista battuta dai pellegrini a piedi e mi rassicura l'assenza di ciclisti, ma al contempo il mio sentiero si fa sempre più flebile ed evanescente fino a sparire del tutto nel fitto di un campo di grano.

Dubbioso mi guardo intorno, anzi, soprattutto indietro. Sono tentato di fare dietro front e seguire i camminanti, ma spingendo lo sguardo un po più in là, scorgo fra le spighe una sottile traccia: qualche altro ciclista è passato di qui! Ma non in sella. Infatti le tracce sono due vicinissime: quella delle ruote e a fianco quella un po' più marcata del calpestio del ciclista che spinge. Infatti sotto il manto apparentemente uniforme delle spighe mature, il terreno è arato grossolanamente ed è impossibile stare in equilibrio su un fondo invisibile.

"¡Suseya!" E' l'incoraggiamento fra pellegrini. Anzi, "¡Ultreya y Suseya!", che tradotto dovrebbe stare per "Più avanti e più in alto!". E infatti qui, (anche se non con quell'accezione) sempre più in alto nell'erta dell'Alto del Perdon, mi fermo a riprendere fiato e ad ammirare la stupenda vallata verso Pamplona e le montagne sullo sfondo. Purtroppo anche qui, come in altri luoghi meravigliosi, la foto non può rendere giustizia alla realtà.

Dopo un bel po' la traccia finisce sul limitare alto del campo di grano che con un gradone di un metro mi riporta sull'unico sentiero comune ai camminanti, costeggiato sulla destra da una distesa di girasoli. Un fiore la cui sola vista regala buonumore, e che ritroverò lungo tutto il viaggio.

Ora la salita è ripida con il fondo di abbondante sabbione smosso su cui flottano pietre acuminate e ciottoli tondeggianti e scivolosi. Sulla destra un dirupo, non direi protetto, ma piuttosto delimitato da una serie di paletti uniti da un cavo d'acciaio; la vista verso Pamplona, Cizur Menor, e Cizur Mayor, e su tutto l'altopiano è inebriante.

Col pretesto di qualche foto riprendo un po' fiato e proseguo. Ormai le gigantesche pale delle turbine eoliche mi sovrastano alla mia sinistra solo di una cinquantina di metri. Dopo pochi minuti arrivo in cima. Anche oggi un'altra conquista di cui rallegrarmi e ringraziare CHI mi sta concedendo tutto questo.

Alto del Perdon. I Pellegrini si mischiano con le sagome ferree del monumento agli stessi.

Il vento gelido e impetuoso agita le sagome ferree patinate di ruggine, che ritraggono pellegrini in fila verso una meta ancora lontana. Mi fermo a mangiare un boccone, e godermi addosso quelle sferze d'aria gelida e ritemprante che solo per stasera mi procureranno una leggera febbriciattola; poi, seguendo il consiglio del venditore ambulante di panini che rifocilla i viandanti giunti in vetta, scendo per la carretera evitando il sentiero troppo ripido, sconnesso e scivoloso a causa del barro (fango) sul fondo roccioso, pericoloso per i ciclisti.

Óbanos. Villa del Misterio. Monumento al Pellegrino. El lugar donde todos los caminos se hacen uno solo.

Alla fine della carretera prendo la NA-1110 che dopo 3 km mi porta prima al piccolissimo comune di Legarda che attraverso in meno di un minuto senza vedere neanche uno dei suoi (ben!) 90 abitanti, e poi al bivio per l'ingresso ad Óbanos, Villa del misterio, (v.pag. "Curiosità") dove il monumento al pellegrino reca una targa con la famosa frase "Tutti i cammini diventano uno solo" disputata con il comune di Puente la Reina.

Questa è la zona di confluenza di tutti i principali Caminos hasta Santiago de Compostela, probabilmente perché dopo la costruzione del ponte di Puente la Reina, qui diventava più facile attraversare il Rio Arga che dai Pirenei accompagna i pellegrini fin qui, finendo poi per gettarsi molto più avanti nel Rio Ebro.

Puente la Reina. Questa località riveste una particolare importanza nel Camino; oltre che storica, anche geografica, come risulta da un'incisione su un monumeto all'interno del paese, che recita: "... donde los caminos se hacen uno." In realtà c'è una disputa ideologica con quanti affermano che i Caminos si incontrino a Obanos e non a Puente la Reina. Ma sono solo disquisizioni a livello di curiosità. Penso comunque che l'importanza maggiore sia quella storica, dovuta alla realizzazione del ponte romanico per evitare ai pellegrini del tempo le difficoltà del guado, specie nella brutta stagione.

Sulla N-1110, passando per Obaños, arrivo a Puente La Reina, deliziosa cittadina storica.

Mi reco subito a la Oficina de Peregrinos, attaccata proprio all'imbocco est del ponte medioevale dove una splendida chica mi sella la credential e mi sconsiglia di proseguire sul sentiero a causa di lavori.

Puente la Reina. Bella vista del ponte dal lato dell'accesso per chi va a Santiago. Come sempre, la flecha amarilla ci conferma che siamo sulla buona strada,

Dopo il pieno d'acqua e qualche foto sul ponte, come sempre incurante dei suggerimenti mi inoltro per il sentiero dove inaspettatamente ritrovo Paco & Co.

Mentre ci inerpichiamo su una salita cementata con pendenza del 16%, un anziano tio del posto, sentendoci lamentare ci “tranquillizza” con una frase sentenziosa e ammonitrice del tenore: «più avanti conoscerete le vostre pene!»

E in effetti, anche se il profilo altimetrico sulle carte si presenta in veste quasi innocua, i lavori in corso hanno profondamente influito sullo stato del sentiero, cambiandone in qualche tratto il tracciato e indicando le varianti con laconici cartelli di pericolo e inesorabili nastri bianco-rossi di sbarramento, rendendo il percorso durissimo. Morale: torniamo indietro e continuiamo sulla N-1110.

Ancora una volta mi separo da Paco & Co. Non ci ritroveremo.

Puente la Reina. Primo piano dell'impietrato del ponte, che secondo tradizione dovrebbe essere attraversato a piedi scalzi. (v.pag. "Curiosità") Qui c'è la prova che ho disatteso il precetto.

Sullo sfondo, al centro, la prima parte di sentiero da cui son tornato indietro per non aver ascoltato i consigli...

Si fanno strani incontri sulla “Strada del Santo”: strani e piacevoli.

Alla sosta di mezzogiorno, poco prima di Manereu, sul ciglio della strada all'ombra dei larici, mentre addento famelicamente una grossa manzana (mela) dopo un piccolo boccadillo, un anziano ciclista autoctono in vena di chiacchiera e desideroso di compagnia, mi intervista dopo avermi informato che fa ripetutamente la spola fra il paesino 2 km a valle e la pineta a monte e ritorno, perché «hace bien a las piernas».

E mi dice che stasera non posso perdere assolutamente l'occasione di pernottare a Los Arcos e vivere la socialità della cena comunitaria presso l'albergue municipal.

Lo ringrazio cordialmente e ci salutiamo, ma io non ci penso neanche a fermarmi a Los Arcos. Ho già in mente di dormire a Torres del Rio.

...Profeta...

Estella. È piccolo il mondo sul Camino de Santiago. A un Italiano, Sardo, Nuorese, può anche capitare di incontrare e rincontrare e ancora rincontrare un Italiano, Sardo, di Cabras.

Estella. Palacio de los Reyes de Navarra. Particolare di uno dei due capitelli istoriati in cui è rappresento il combattimento di Roland, paladino di Carlo Magno, contro il gigante moro Ferragut.
Il capitello rappresenta il momento in cui l'eroe cristiano vince quello musulmano attaccandolo nell'unico suo punto debole, l'ombelico.

All'uscita da Estella, dopo aver sellado la credential e aver rinfrescato un po' di cronaca italiana a una coppia locale che parla italiano e a un pizzaiolo milanese anche lui ormai del posto, un bicigrino mi sorpassa lentamente e sempre proseguendo mi chiede al volo: «sei italiano?» - «si, e tu?» - «pure.»

Mi ha identificato dagli sponsor sulla maglietta. Una pedalata più forte e va avanti.

Lo ritrovo dopo 4km, a Irache, alla Fuente del vino, e scopro appunto che il mondo è piccolo. E lo scopre anche lui, Corrado, raccontandomi che «Tre giorni fa' ...a Huntto ho visto una Matiz di una azienda italiana... TSI Sistemi Informatici...» - «Ma va!? É la mia!» - «Non posso crederci...»

Bodegas Irache. Fuente del vino. Dal rubinetto di destra (coperto dal pellegrino e quindi non inquadrato perché poco importante...) sgorga acqua; da quello di sinistra sgorga ¡“vino tinto”! leggermente frizzantino ...e buono!

E così si chiacchiera un po'. Lui riparte per il sentiero dopo esserci scambiati i recapiti e i numeri di cellulare con la promessa di risentirci. Presto. Molto più presto di quanto crediamo!
Io resto a fare qualche foto in più e a farmi osservare dalla "mia metà" via webcam life delle Bodegas Irache.
Oggi sono preso dalla paranoia di non farcela con i tempi e quindi ho optato per una giornata all'insegna dell'asfalto, sul quale proseguo in compagnia di una famigliola tedesca di babbo, mamma, e figlia, tutti e tre forti pedalatori, ma che stavano perdendo la strada alla rotonda di Villamayor de Monjardin

Bodegas Irache. Fuente del vino.

A Los Arcos vorrei solo sellar, e proseguire come da previsione fino a Torres del Rio, ma la lunga sosta a Irache e il recupero dei bicigrinos tedeschi hanno fatto abbassare il sole più del previsto.

La profezia del vecchio ciclista di Manereu diceva di dormire a Los Arcos, ma non ho il tempo di realizzare mentre pago il posto letto a un hospitalero tedesco nell'albergue municipal, perché la voce di Corrado alle mie spalle mi interroga: «Cosa ci fai qui? Come hai fatto a precedermi?» - «Ho fatto la carretera

Irache. Monasterio de Santa Maria la Reál.

Siamo entrambi arrivati tardino, e l'acqua calda è finita. É così che dopo la doccia ghiacciata! e la sistemazione dei bagagli chiediamo lumi per la cena comunitaria e scopriamo che è già da qualche tempo che in quell'albergue non si fa più. Adesso c'è una piccola cucina discretamente attrezzata a disposizione dei peregrinos che possono cucinare le proprie vivande.

Andiamo quindi a fare la spesa e nella cucina dell'albergue organizziamo una carbonara fra l'approvazione entusiastica dei presenti sulla cucina italiana.

Dopo cena si chiacchiera a lungo davanti a una bottiglia di vino tinto che si svuota al ritmo delle risate. Poi sfiniti, ma sazi e giulivi, si va a nanna.

Nota bene: così come in alcuni albergues non c'è una tariffa fissa per dormire ma si è ospitati por donativo segreto (a offerta libera da inserie in una cassettina) che per correttezza dovrebbe essere congruo, così anche nelle cucine a disposizione è bene fare la spesa per se stessi ma anche qualcosina in più come uno o due articoli non deperibili tipo olio, pelati, sale, scatolette, pasta, o simili, da lasciare per chi giungerà tardi, a negozi chiusi, o semplicemente ha meno possibilità di noi.

Los Arcos. Momenti di convivialità presso l'Albergue Municipal.

Domani, direzione Logroño, o possibilmente Santo Domingo de la Calzada, o meglio, poco prima; come già detto, preferisco i paesini.

Anche per domani mi sta già attanagliando la malsana idea della carretera. Cercherò di ripensarci, anche perché è pericolosa e insalubre per via dei camion che ti passano a pochi centimetri con i loro tossici fumi di scarico. Del resto, se voglio recuperare ho tutta la giornata di domenica, senza mezzi pesanti, e potrei arrivare in prossimità di Carrion de los Condes. Si vedrà.



A Domani.