
giovedì 05-08-2010 |
10° giorno | Da Villafranca del Bierzo a Barbadelo |
--- | distanza km | ascesa metri | tempo pedalata | velocità media | difficoltà |
tappa | 87,6 | 1.617 | 07:02 | 14,91 | 5 su 5 |
progressivo | 723,8 | 12.311 | 57:59 | 13,74 | --- |
Note | Come nella giornata di ieri, in questa tappa si arriva molto in alto: 1306 metri dell'Alto do Cebreiro, e dopo 10 km, i 1330 metri dell'Alto do Poio. Brevissima discesa impegnativa all'uscita di Sarria. La difficoltà è aumentata anche dalla fatica accumulata nei giorni precedenti. Oggi si entra nella Comunità Autonoma della Galizia. |
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¡Buenos dias! ... y ... ¡Buen Camino! |
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Il piccolo cartello grigio di fronte al pellegrino in piedi «No mover los colchones!», non è uno scurrile invito a non disturbare..., ma l'ordine di "Non spostare i materassi."
Strani scherzi delle lingue straniere: parole che sembrano altre. In spagnolo si chiamano "falsos amigos", la cui definizione è a loro volta ricorsiva perché non si traduce in "falsi amici".
(v.pag. "Curiosità")
Anche oggi partenza a un'ora decente. Alle 8:05 siamo in marcia dopo aver già fatto colazione. Fa molto freddo: 9 gradi, e per un paio d'ore viaggiamo sul versante nord senza vedere un raggio di sole, per cui sopra la maglia omaggio dei Valenciani indosso un key wey antivento.
Vista la stanchezza accumulata, le tendiniti incipienti e consolidate, le bici di Bernat e di José con rimorchio, optiamo per la carretera fino alla vetta.
Dopo i primi 20 km di riscaldamento su una lieve pendenza quasi costante del 2%, qualche curva prima del bivio per la borgata di Las Herrerias facciamo una breve sosta per raccogliere le forze e iniziamo la scalata per O Cebreiro.
Sifre riparte con qualche minuto di vantaggio e io lo seguo poco dopo; gli altri ci raggiungeranno a breve. Ma dopo qualche chilometro, ancora non vedo Sifre, neanche in un tratto con lunga visuale. Avviso Bernat al mobil, che subito chiama Sifre. Si è inoltrato per sbaglio sul ripidissimo e sconnesso sentiero dei camminanti che entra a Las Herrerias e sale verso O Hospital, La Faba, La Laguna, e poi fino a O Cebreiro. Nelle condizioni in cui versa non ha alcuna speranza di arrivare in cima. Non appena Sifre ritorna indietro di circa un chilometro, il gruppo compatto riprende la marcia.
Sifre è rientrato nel gruppo e tra pochissimo entreremo in Galizia.
Poco dopo le undici abbandoniamo la più grande Comunità Autonoma spagnola della Castilla Y León per entrare in quella della Galizia, dove, dopo aver ancora una volta ricompattato il gruppo, approfittiamo di una sosta per foto ricordo e per buttar giù un boccone e reidratarci.
Ci si riavvia ancora verso quella tappa intermedia tanto temuta da sembrare irraggiungibile; ma ormai ci siamo: dopo meno di un chilometro, dietro una curva ci appare un centro abitato e un cartello che indica “Cebreiro”.
Lo sconforto arriva subito dopo l'illusione di essere arrivati in cima. In realtà il cartello stradale ci informa che stiamo entrando a Pedrafita do Cebreiro; abbiamo ancora 5 km di interminabile pedalata su un dislivello di 300 metri per arrivare al "vero" O Cebreiro, a quota 1300.
I valenciani mi hanno sorpassato. Visto il tempo perso per il "recupero" di Sifre, temevano di non trovare alloggio per la notte e quindi si fermano a O Cebreiro giusto il tempo di sellar e subito ripartono in modo che i più in forma di loro forzando un po' l'andatura riescano a prenotare otto posti in qualche ostello privato dall'Alto do poio in avanti, se necessario fino a Sarria con l'intesa di trovarci lì: con le uniformi rosse di gruppo sono facili da trovare, e nel caso c'è sempre il mobil. Io come al solito me la sono presa con calma e sono rimasto indietro per fare qualche foto di panorami infiniti.
Io, dopo aver a mia volta sellado mi fermo a O Cebreiro per un'oretta per lo spuntino di mezzogiorno e per godermi la vista verso le valli di sud-est; la giornata è limpidissima e lo sguardo spazia per chilometri deliziando lo spirito e distogliendo la mente dalla fatica.
Oltre ad essere famoso per un aneddotico miracolo (v.pag. "Curiosità") il borgo è interessantissimo anche per la conservata struttura del periodo medioevale e le costruzioni della zona (pallozas) di probabile origine celtica. Ovviamente sono presenti anche diverse testimonianze votive e monumenti al pellegrino.
Dopo essere ripartito da O Cebreiro, chiamo Bernat ma il suo mobil è spento. Domani scoprirò che ha una batteria vecchia che dura pochissimo e spesso si spegne da solo, quindi mi verrà fornito il numero più affidabile di Javi.
(Ho dovuto ritoccare questa foto con Gimp per via dell'eccessivo controluce che rendeva me e il monumento quasi neri.)
Il tratto dopo O Cebreiro a mezza costa, passando per Liñares e Hospital è di tutto riposo e dopo meno di 10 chilometri e poco più di una mezz'oretta arrivo all'Alto do Poio dove mi fermo per qualche foto al panorama a valle verso Padornelo.
Non trovando tracce dei compañeros bicigrinos, non ho neanche bisogno di chiedere informazioni ad una comitiva di giovani studenti italiani arrivati in pullman, perché riconoscendomi dalla maglietta mi confermano il passaggio dei 7 che sono ripartiti da una mezz'oretta.
Attenzione ai nomi delle località. Linares/Liñares, Hospital, Padornelo, e altre... Esistono località con lo stesso nome, ma con dimensioni e collocazione geografica completamente diverse tra loro. E' importante verificare soprattutto in fase di pianificazione dei percorsi e quando si devono prenotare alloggi. La precisazione mi è sembrata doverosa giusto per non avere sorprese.
Dopo le foto di rito e un rinfresco al bar locale, mi riavvio in leggera discesa passando dapprima per Fonfria, e poi con crescente pendenza per Triacastela.
In realtà per ritrovare i Valenciani dovrei passare anche in altri microborgate dotate di Albergues Privados, come O Biduedo (Viduedo), Fillobal, Pasantes, Ramil, ma sono tutte località sul sentiero, e nella tappa di oggi era previsto asfalto, perciò vado avanti fino a Triacastela.
La giornata di oggi è decisamente densa di imprevisti: arrivato a Triacastela, dove ritrovo il bicigrino sprint di Cruz de Hierro con il suo carrello con le 13 flechas amarillas dal 1998 al 2010, proseguo, e giunto a Samos passo al setaccio i ricoveri della cittadina senza trovare traccia dei Valenciani. A questo punto deduco che si fermeranno a Sarria, 22 chilometri più a valle, ma senza certezze a causa del telefono di Bernat. Invece l'indomani scopro che la tappa scelta era molto più indietro, proprio a Triacastela, dove mi attendevano presso un albergue privato in due camere da quattro posti. Il caso ha voluto che proprio a Triacastela io sia passato per la calle di fianco a quella dove pochi minuti prima si era fermato il gruppo.
E qui qualcuno si chiederà: «Cosa ci fà questa foto con piante di mais?»
Ve lo di co io: è un promemoria e un monito per il futuro.
Si, perché durante la sosta all'Alto do Poio, mi sono dissetato al bar, ma non ho pensato a rabboccare le borracce. Ergo: la provvista d'acqua è finita, sono le quattro del pomeriggio, il sole picchia forte ed io ho una sete... Devo bagnare la lingua e la gola. Fortunatamente sulle piante al bordo strada ci sono già delle piccole pannocchie. Ne colgo un paio e le strizzo tra i denti. Disgustoso! Ma salvifico. Più avanti, in una casa colonica, una signora misericordiosa mi riempie le borracce di acqua ghiacciata.
Arrivo a Sarria, e percorrendola attraverso le ripidissime vie in salita e discesa, non trovo un posto per dormire nemmeno in hotel, e tanto meno traccia dei Valenciani (ovviamente!...).
Sono già le cinque del pomeriggio e sono molto stanco, ma visto che finora nei piccoli centri sono stato benissimo e che a 5 km (in salita) c'è la borgata di Barbadelo, prendo il coraggio a due mani (anzi a due gambe...) e lungo una breve quanto ripida iniziale discesa di sentiero sconnesso esco da Sarria.
A fondovalle, guadato su una passerella in legno il piccolo Rio Celeiro, entro nel paesaggio di una favola, con un fitto bosco in cui la stradina sghemba e inclinata, si biforca più volte anche in corrispondenza di un contorto albero secolare che sembra un vecchio sdentato e sofferente.
Dopo non aver trovato alloggio a Sarria, cosa mi potevo aspettare se non che andasse tutto storto? E invece queste visioni sono estasianti, e lì per lì ti fanno anche dimenticare la fatica che in certi momenti è sconfortante.
Con la stanchezza che ho addosso, la subida del tortuoso sentiero che attraversa più volte la ferrovia mi sembra durissima e interminabile, anche perché il buio del bosco fa sembrare la giornata prossima al termine. In realtà dopo quarantacinque minuti di forza sui pedali e di strappi a spinta, eccomi a Barbadelo.
A questo punto non ho più energie per continuare a salire; sono determinato se necessario a dormire all'addiaccio nel mio sacco mummia da -8° isolandolo dal terreno con un leggero telo impermeabile di emergenza.
L'Albergue Antiguas Escuelas è già al completo. Mi dirigo senza indugio verso l'Albergue Private casa rural O Pombal che offre 20 posti letto, e alla sconfortante risposta di tutto completo, chiedo di poter dormire in giardino con la possibilità di docciarmi, ma inaspettatamente il padrone di casa mi offre un materasso per terra in una specie di salottino in compagnia di un fantasioso bicigrino portoghese, Paco, che arriva poco dopo e che è partito da Roncisvalle il 1° di agosto.
Pago i dieci euro richiesti per la notte e con Paco andiamo a cena alla taverna-albergue “Casa Carmen”.
In attesa del tavolo e poi del servizio moooolto lento, Paco ama parlare della moglie Lola anche se molto del tempo dedicato al pasto è rivolto allo scambio delle impressioni di viaggio e delle previsioni; lui conta di arrivare a Santiago domani pomeriggio. È la stessa cosa che l'hospitalero ha previsto per me, ma io voglio riposare le gambe e assaporare senza fretta gli ultimi 100 chilometri di questo pellegrinaggio, quindi conto di essere a Santiago dopodomani e fermarmi lì per uno o due giorni.
In ogni caso, almeno per ora, credo di aver fatto bene a staccarmi dal gruppo perché già è stato difficile trovare un posto per terra per una persona; in otto non so come sarebbe andata.
A Domani.